15 December, 2008

Anche in Venezuela si fa il pino di Natale


Lungo la via principale di Merida, una stradina dove ci passa una macchina alla volta e per questo con una perenne coda, è un po’ più Natale che nel resto della città.
Ai venezuelani piace decisamente cimentarsi nella difficile arte degli addobbi natalizi. Ma con una particolarità fondamentale.
Devono essere pacchiani.
Tutto è dorato e luccicante, un’esplosione di lucine colorate made in China e di festoni fatti con reti da pesca spruzzate di perline.
Nella via principale di Merida ci sono almeno 27 negozi di addobbi natalizi.
Tutti cinesi, hanno sbaragliato la concorrenza e conquistato il monopolio.
I cinesi…
E poi piacciono molto anche i pupazzi di neve. Qui ci sono 24 gradi tutto l’anno, ma ogni negozio che si rispetti in questo periodo tira su un pupazzo di neve gonfiabile. Con tanto di sciarpa e di carota come naso.
E più sei importante più il pupazzo è grosso.
La panaderia vicino all’ufficio ha un bestione di quasi 3 metri.
Emanuela, che non sa tenere le mani a posto, si è messa a toccargli il naso/carota e quasi faceva cadere tutto. Tre metri di pupazzo che si spatafasciano al suolo. E’ stata fortunata ad uscirne indenne.
La direttrice della Fundacion una mattina mi corre incontro sulla porta. E’ tutta accaldata e sembra che qualcosa la preoccupi particolarmente.
Hanno fatto l’albero di Natale, ma le lucine dell’anno scorso non si accendono.
NOOOOOOOOOO!!!!
Bisogna rimediare in fretta, c’è poco tempo.
Io e Sara mettiamo in moto la potente motocicletta New Jaguar 150, cinese anche quella, e sfrecciamo verso il centro.
C’è un traffico terrificante, tutti stanno andando a comprare le lucine di Natale. Ci infiliamo tra la coda e finalmente davanti a noi si apre la mecca del kitch: la Ferramenta Cinese.
Per entrare bisogna lasciare lo zaino alla guardia armata sulla porta, non sia mai che mi freghi una confezione di animali da presepe in plasticaccia.
I corridoi tra gli scaffali sono minuscoli, tutto è ammassato fin quasi al soffitto. Se ti incontri davanti una signora con il culo grosso sei bello che fregato, non si passa. Come con i camion sulle strade di montagna, si aspetta che abbia finito di scegliere tra 36 tipi di palline colorate differenti.
Supero con una capriola carpiata un gruppo di marmocchi e metto le mani sulla pila di lucine.
Due pacchi da 100 dovrebbero bastare per un albero…
Prezzo totale 2 euro e 40 centesimi.
Grazie cinesi.

03 December, 2008

Il medico cubano


La strada per raggiungere il Paramo è stretta, ci passa a mala pena una macchina per volta. Siamo a 3300 metri, poca cosa per la media delle Ande, ma la vegetazione non è così fitta come altrove.
Un prato qua, una pecora la, un contadino ara con un aratro trainato da una coppia di buoi. L'attrezzo è in legno, come quello che c’è in Age of Empire II e non pensano di cambiarlo perché hanno sempre fatto così.
Mi sembra una ragione sufficiente per non indagare oltre.
Ci fermiamo con il Ford “Explorer” in uno spiazzo a lato della strada. A dispetto del nome con l’”Explorer” si esplora ben poco perché è un barcone con il cambio automatico e con un problema alla centralina che lo fa spegnere ogni 10 minuti.
E però è grosso e ha i vetri oscurati, quindi dentro ti senti figo e lo usiamo lo stesso.
La nostra meta finale sarebbe un allevamento di vermi, lombrichi per la precisione, perché qui si allevano i vermi per fertilizzare la terra. E’ un super progetto con partecipazione diretta della gente dei villaggi e tutti i crismi del caso. E però, con quello che ci producono, si e no riescono a fertilizzarsi il giardino di casa, quindi ultimamente è un po’ in declino.
Ma l’importante è partecipare e poi sono tutti orgogliosi che degli stranieri vadano a visitarli.
Mentre torniamo alle auto passiamo davanti ad una casetta che stona decisamente con il paesaggio. Ha le pareti intonacate di arancione e il tetto di tegole.
Mentre si commenta questa stranezza un signore alto, abbronzato, pelato e sorridente esce dalla costruzione e ci viene incontro.
Dei forestieri! E’ sei anni che vive qua e non ha visto altro che montanari e formaggiai. E con tutto rispetto del formaggio, quello affumicato è ottimo e puzza il giusto di stalla!
Lui è cubano e fa parte di un esercito di 61.000 medici cubani presenti in questo momento in Venezuela. Fa parte di un progetto che si chiama Barrio Adentro.
Chavez si sveglia una mattina e capisce che il Venezuela non ha abbastanza medici e quelli che ci sono sono delle patacche. Più o meno nello stesso istante la famiglia Castro si sveglia e capisce che Cuba ha un pacco di medici con le palle, ma gli manca il petrolio.
E allora facciamo un accordino! 61.000 medici cubani in Venezuela nel giro di 2 anni, 12.000 studenti venezuelani a Cuba e altrettanti addestrati in loco da professori cubani.
I litri di petrolio in viaggio non si contano.
Il Dott. Pedro Alvarez ci invita ad entrare, è ansioso di farci visitare l’ambulatorio. Nella sala d’attesa ci sono due libri a disposizione su un tavolino basso. Uno si intitola “Chavez Nuestro” e apre con una preghiera sulla falsa riga del “Padre Nostro”, ma al posto del padre c’è Chavez.
L’altro è su Fidel Castro ed il suo epocale viaggio in Sud America che ha cambiato il mondo.
Quando ci parla di Fidel usa l’espressione “il nostro comandante”. E’ a dir poco credente, al muro ha incorniciato un foglio con alcune righe stampate come fosse una preghiera.
E’ la definizione di Rivoluzione.
Lui cura di tutto, ma è un esperto di parassiti intestinali. Le medicine sono gratuite per tutti e prodotte interamente a Cuba. Hanno delle etichette bianche con sopra il nome e basta. Niente loghi di multinazionali o scatole di 30 centimetri per 10 pillole. Semplici e funzionali, ma gli antibiotici vanno come mentine.
Nell’ambulatorio ci vive pure, così se hai bisogno lo trovi 24ore su 24. Ha una stanzetta sul retro e una piccola cucina fornita.
Gli piace vivere in montagna, gli ricorda il villaggio dove è nato, ma non ha molti clienti. La struttura serve parecchi paeselli, ma se contano 50 abitanti l’uno è dir tanto.
E così è proprio contento di vederci. Non ci vuole fare andare via e accende lo stereo mettendo salsa e merengue.
Afferra una signora parigina del gruppo e si mette a ballare “Pueblo, Socialismo o Muerte”, la colonna sonora delle elezioni appena passate.
Ditemi cos’altro avrei potuto fare se non sedermi su una roccia a guardare mangiando fragoline di bosco.
Entusiasmante!