29 January, 2009

Road to Machu Picchu 1


Cuzco si trova nella parte più meridionale del Perù. La zona e’ montagnosa, quasi tutta sopra i 3000 metri, ma data la vicinanza con il tropico non si nota particolarmente. Era l’antica capitale degli Inca e fortunatamente un discreto numero di costruzioni sono sopravvissute al saccheggio dei conquistadares.
I dintorni della città hanno una particolarità: se ci sono più di quattro pietre ammucchiate si e’ per certo di fronte ad una rovina Inca. Se le pietre sono dieci o più stiamo già ammirando un sito protetto dall’Unesco e di valore inestimabile.
Certo è che i pastori locali hanno delle tecniche costruttive di muretti che molto si avvicinano a quelle Inca…
Alle 8 del mattino stiamo già contrattando il prezzo del biglietto con l’autista del minibus.
Il posto è affollato, c’è odore di pannocchia arrostita. In molti paesi del Sud America i treni praticamente non esistono ed i terminal degli autobus sono come delle enormi stazioni dove si concentra la quasi totalità dei viaggiatori.
Il furgone avrebbe 7 posti e ovviamente siamo in 10. I miei vicini si compongono di una mamma cicciona, la figlia obesa ed il fratello sovrappeso. Faccio un po’ troppo contatto con il finestrino, ma tutto sommato è sopportabile.
Siamo diretti a Santa Maria, prima tappa per arrivare al Machu Picchu, una delle 7 meraviglie del mondo e meta principale del nostro viaggio. Potevamo prendere il treno, la linea Cuzco – Machu Picchu è una delle due esistenti in Perù, ma è esageratamente turistico e per 3 ore di tragitto ti chiedono 60 dollari.
Così, da bravi esploratori, decidiamo per l’avventura.
Il tempo è variabile, la notte ha piovuto, ma filtra qualche raggio di sole e le campagne collinose del Perù ricordano la Svizzera.
Ci sono anche le mucche.
L’unica differenza sono i mattoni di fango ed i tetti di lamiera con cui sono costruite le case.
L’autista decide che è meglio prendere una scorciatoia su per una strada di fango, ma dopo 50 metri il furgone di mette per traverso e allora perspicacemente capisce che finchè c’è una strada asfaltata forse non è così male usarla.
La via si inerpica su per un massiccio roccioso, siamo scesi a 1800 metri e dobbiamo tornare a 4000 per valicare la montagna. Poco a poco che si sale l’aria si fa più rarefatta e la difficoltà a respirare si sente, ma dopo le scalinate percorse nei dintorni del lago Titicaca questa è una frivolezza da femminucce.
La strada si fa sempre più stretta, inizia a comparire la nebbia e come al solito si corre sul ciglio di uno strapiombo senza protezioni. Ogni tanto incrociamo una frana, si fa lo slalom in mezzo ai pietroni e poi si riparte. Se la frana non chiude completamente la strada non si vede il motivo di ripulirla. Dopo alcuni anni ci crescono sopra le piante e diventa parte del paesaggio.
Ricominciamo a scendere e come per magia rispuntano le piante di banane. L’asfalto finisce e le ultime due ore sono una gara con un pick-up locale a chi prende le buche più profonde.

Arrivati nel paesello di Santa Maria, trenta anime e la sagra del mango, saliamo su un pulmino ancora più scassato e con ancora più gente di prima in direzione di Santa Teresa. Dietro di me è seduta una australiana che maledice il giorno in cui ha deciso di fare un viaggio no alpitour e passa il tempo a spalmarsi strati di crema solare di quella che ti lascia il naso bianco per tre giorni.
Altre due ore, altre gare di buche, altre strade polverose. Anche qui il terreno frana praticamente ogni anno portandosi letteralmente via la strada. E quindi ci sono un paio di ruspe che tutto l’anno si occupano di ridarle una forma e che ci bloccano per un tempo indefinito. Proprio oggi dovevano ridarele la forma!
Il famosissimo paese di Santa Teresa è composto da un agglomerato di baracche nel mezzo di una piantagione di banane. Il furgone non va più avanti di così, ma abbiamo visto le foto delle acque termali che ci sono da queste parti e si ricontratta con un taxi per farci portare. Nel bel mezzo della giungla, a kilometri dal primo centro abitato, tale taxi viene fermato da una pattuglia della polizia in moto e gli viene fatta una multa perché l’autista non aveva la cintura di sicurezza...
E’ la prima volta dopo mesi, e proprio qui nel mezzo del nulla, che vedo la polizia fare una ricevuta per il pagamento. Una ricevuta! Manco una tangentina!!! Ma dove siamo finiti…


…nella piscina di acqua calda termale più grande che abbia mai visto! E ci sono anche le cascatelle.
Ci voleva proprio.
Purtroppo ancora non sapevamo cosa ci avrebbe aspettato nelle 5 ore seguenti.