06 February, 2009

Road to Machu Picchu 2


Per raggiungere il paese di Agua Caliente, da dove inizia un’altra scalinata Inca per salire al Machu Picchu, non ci sono strade. O ci arrivi col treno o ci arrivi camminando sui binari come un treno.
Il taxi sgangherato ci scarica di fronte alla centrale idroelettrica. Un tempo orgoglio della valle ora è un ammasso di lamiere con un paio di guardie armate che ci girano intorno fumando sigarette per passare il tempo.
Da quel punto partono i binari abbandonati di quella che una volta era la ferrovia che arrivava fino al paese di Santa Teresa. Costruita niente di meno che con il contributo del National Geographic, quando il mondo era ancora esplorato da gentiluomini inglesi con il cappello rotondo, alcuni anni fa è stata in parte distrutta da un’alluvione e non più ricostruita.
Partiamo quindi seguendo la ferrovia che si addentra nella foresta. E’ quasi sera e siamo praticamente gli ultimi. Dietro di noi c’è solo un gruppetto di tedeschi che tentano di far funzionare due casse per l’I-Pod a batterie perché senza la tecno proprio non possono stare.
Il cammino è abbastanza agevole, si passeggia sulle traversine di legno che uniscono i due binari, e il panorama è bellissimo.

Sembra di essere nel Borneo o qualche posto simile. Tutto intorno a noi delle montagne altissime coperte di vegetazione, con le nebbie serali che piano piano stanno salendo verso la cima.
L’unico problema è che in effetti si sta facendo sera e il cammino non è particolarmente illuminato.
Intanto è sparito anche il gruppo di tedeschi, ma incrociamo un ragazzo che sta tornando indietro solo e mezzo zoppo.
-Salve buonuomo, quanto manca al paese?
-Due ore e mezza, non di più...

EHHHH???? Ma se stiamo già camminando già da due ore! Niente, mi sa che il taxista ha accorciato un po’ i tempi nelle sue indicazioni.
Il problema di camminare su una rotaia abbandonata quando fa buio è dato in particolare da quella specie di ghiaia a pietre grosse che viene messa tra i binari. Le classiche pietre da ferrovia. Che però, essendo abbandonata, un po’ ci sono e un po’ no. Così tu cammini dove ci sono e poi, puff, ti ritrovi in un buco di 20 centimetri dove non ci sono.
Ma niente paura!
Al mercato del tarocco di Cuzco ho comprato una lampada frontale cinese a led potentissimi stile faro. E la confezione giura che le batterie dura 120 ore! Questa si chiama “soluzione”.
Che non si accende…
Cinesi, mi han già fregato una volta…
…e invece no! Magicamente la valle intera viene illuminata da un fascio di luce divino che splende nella notte. Bastava colpirla con leggera violenza e il gioco era fatto.
Io guido la spedizione, Federico anche lui cià un piletta, ma è una patacca di quelle che si ricaricano a manovella e la luce non arriva alla punta dei piedi. Carla intanto sta cantando canzoni della vecchia tradizione italiana per non pensare alla morte incombente.
Ormai è buio buio, ma non buio che si vede qualcosa, proprio buio che non si vede niente. Ma noi si continua impavidi, manca una manciata di chilometri, o almeno si spera.
E poi si mette a piovere.
Ma non pioggerella pioggerella, pioggia tropicale! Di quella che dopo trenta secondi ha già modificato la configurazione orografica del territorio, creato un nuovo fiume e fatto franare tre montagne.
Intanto il rumore del fiume che scorre accanto alla ferrovia aumenta da sussurro a rombo tremebondo.
Dopo mezz’ora siamo zuppi fradici, e ormai, dopo quasi quattro ore di cammino e un viaggio di 12 ore, anche un po’ stanchi. Carla sta finendo il repertorio dei classici della canzone italiana, passiamo a “Il triangolo no” e “Funcky Tarro” per tirarci su il morale.
Un buco buio appare davanti a noi. E’ una galleria. Sono le 8 e ciò anche un po’ fame, ci dividiamo quindi un pacchetto di ritz alla crema al formaggio sbriciolati. E poi una manciata di foglie di coca da masticare.
Dopo qualche minuto ripartiamo, passiamo davanti ad una stazione abbandonata stile paese fantasma nel Far West.
E poi, girata la curva, scostato il ramo, superato il dirupo e guadato il ruscello…
…una luce!
Dal nulla compare la prima casa del paese. E’ un albergo di lusso con la sauna e la Jacuzzi nei bagni.
Ma si può? Ma almeno una baracca di legno, una cosa un po’ più consona al paesaggio, due vecchi che mangiano la zuppa di gallina…
E invece siamo arrivati in un specie di Las Vegas piena di lucine, ristoranti, alberghi e turisti biondi con i pile North Face.
Andiamo a contrattare il prezzo di una pizza al prosciutto e patatine fritte.